lunedì 27 ottobre 2008

It is difficult

Le parole confondono, ubriacano, distraggono...
Le immagini accecano, nascondono, distorcono...
Da questa consapevolezza prende forza il lavoro di Alfredo Jaar, in mostra presso lo Spazio Oberdan e l'Hangar Bicocca a Milano. Chi intraprende il viaggio tra le installazioni fotografiche e video dell'artista cileno può sfiorare le storie delle vittime e dei superstiti al genocidio ruandese, dei minatori brasiliani, dei boat people vietnamiti... fissati in immagini capaci di legare ogni volto ad una storia e spezzare così il processo di depersonalizzazione che da anni ci ha allontanato dalla sofferenza e dalle corresponsabilità... convinti che si tratti di drammi lontani e inevitabili...
Jaar rifiuta di fare leva su emozioni facili come la sterile pietà, ma costringe lo "spettatore" ad un continuo cambio di punti divista, che non lo lascia mai veramente fuori da ciò che sta osservando.
Dal suo viaggio in Ruanda, dopo il genocidio, non riporta scatti di corpi dilaniati, massacrati: colpire allo stomaco non lascia il tempo al cervello di reagire... consente di dimenticare troppo in fretta... Jaar sottolinea allora le assenze, l'impossibilità di condividere certe situazioni estreme... sottolineando l'indifferenza dell'Occidente che nasconde i propri orrori dietro il rumore dell'effimero... (fa arrossire vedere la ventina di copertine di Newsweek che nascondono quanto sta succedendo in Africa con i risultati del campionato di football o i mirabolanti poteri fortificanti delle vitamine...)
Per dare "voce" al milione di vittime del conflitto ruandese Jaar sceglie di legare lo spettatore ad un unico sguardo, che diventa lo sguardo di tutte le persone morte e di tutte quelle sopravvissute: gli occhi di una donna che ha visto massacrare tutta la sua famiglia... due occhi dietro i quali c'è una vita inacessibile, ma che ora non può più essere estranea...
L'artista cileno non ci sta però a rimanere confinato in uno spazio espositivo, ad aspettare interlocutori... porta invece il suo bisogno di comunicare fuori dal terreno protetto della mostra, seminando per la città domande e quesiti sul vero ruolo dell'intellettuale e della culturale nella vita attuale...
...
La cultura è necessaria?
ad ognuno la sua risposta...
Ps. Non speravo di riuscire a rendere quello che ho visto, ma un'immagine ancora la vorrei regalare... Due ragazzini abbracciati, che si stringono davanti a qualcosa di terribile, che lo spettatore, alle loro spalle, non può vedere... ma non può più evitare di pensare di averli lasciati soli...

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