venerdì 16 marzo 2012

L'incontro

Il primo trillo del citofono polverizzò la nuvola rosa della mia fase REM, cancellando gli erotici ed alcolici sognoricordi della notte prima e catapultandomi tra le lenzuola stropicciate del letto del mio moroso che con pacifica bestialità continuava a russare in beatbox. Il secondo trillo, decisamente più lungo e meno amichevole, mi fece rimbalzare fuori dal materasso e precipitarmi, calpestando dolorosamente le macerie della festa della sera prima disseminate per il pavimento, a scrutare il video in cerca della risposta a una delle domande ataviche dell'uomo: "Chi caxxo rompe all'alba la domenica mattina?". Dalle brume lattee del videocitofono, rese ancora più nebulose dai miei occhi cisposi e miopi, piano piano affiorò un enorme occhio che scrutava senza battere ciglio: era l'occhio fiammeggiante di Sauron in cima alla Torre Oscura, lo sguardo senza perdono che insegue Caino attraverso i Paesi e i secoli: il bulbo oculare appartenente alla madre della  mia dolce e dormiente metà. Non ci eravamo mai incontrate, ma io sapevo tutto di lei...e ne avevo un terrore folle! Fissavo impietrita quello sguardo da rapace che mi aveva ipnotizzato: solo una parte del mio cervello era vagamente consapevole del trascorrere del tempo e delle sue conseguenze, ma l'ennesimo trillo imperioso del citofono mi riportò alla realtà. Mi guardai intorno: caos e devastazione post party, ma soprattutto, nessun indizio su dove fossero finiti i miei vestiti. Dall'uomo di Cro-Magnon che giaceva privo di conoscenza tra le lenzuola con la bavetta alla bocca non poteva certo venire nessun aiuto. Non rimaneva che una cosa da fare: la tecnica dell'opossum! Fingersi morti era l'unica via di uscita possibile, considerando che mi trovavo in un monolocale stile panicroom senza terrazzo e senza nascondigli. Trattenni il respiro e ad occhi chiusi iniziai a farfugliare le preghiere dell'infanzia, fino a quando trovai il coraggio di spiare di nuovo nel citofono: la strada era sgombra, l'assedio era stato tolto, un miracolo! Non feci in tempo ad esultare che bussarono alla porta e ogni mia speranza venne spazzata via da un ululato: "Tesorinoooooooo?".
Non potevo rimanere bloccata a sudare freddo come un riccio sull'autostrada, dovevo agire. Avevo già perso l'occasione di rovesciare pece bollente dalla finestra e ora mi trovavo il nemico alle porte. Presi la rincorsa e atterrai di gomito tra le scapole dell'altra mia metà del cielo: soffocai con un calzino in gola l'urlo strozzato che dimostrava che ero riuscita a strapparlo dal coma, lo aggiornai brevemente del pericolo che si era materializzato davanti all'uscio quindi, vedendo accendersi di folle terrore lo sguardo bovino, lo lasciai correre per la stanza cercando i suoi indumenti,  rassicurando la mammina che non appena avesse trovato le chiavi le avrebbe aperto per abbracciarla. Dopo circa 180 secondi spalancammo la porta con due sorrisi Durban's per accogliere "mammina": io indossavo uno splendido chemisier ricavato dalla tenda della finestra del bagno, tenuto chiuso da un chewing gum sul quale ero miracolosamente incappata; il mio lui sfoggiava jeans a rovescio, una maglietta intrisa di vodka e un unico calzino pieno di bava: una coppia perfetta. La genitrice ci squadrò per un attimo, ma dalla luce che le si accese negli occhi dovette trovarci bellissimi: cuore di mamma! Con una mano chiuse la porta, con l'altra arpionò il suo bambino e lo trascinò a sedersi, senza apparentemente notare lo sfacelo che la circondava e soprattutto senza mai staccarmi gli occhi di dosso.
 "Soooonocoooosìfelicediconoooooscertifinaaaaalmentenoooonsaiquantevoooooltehodettoabuuuuubidipooooortartiacaaasamalosaicomèfattoveeeeeeeeero?". Lo sapevo. E mai come in quel momento lo amavo per questo. Ma la sua reticenza non aveva potuto salvarmi, ed ora mi trovato a fronteggiare la pseudo suocera e il suo fuoco di fila di domande. Con il passare del tempo mi resi però conto che mammina non puntava a dialogare, ma assisa sul suo trono da ape regina era assolutamente autarchica e autonoma con la sua logorrea, insomma, quasi innocua. Piano piano mi rilassai e lasciandomi cullare dal chiacchiericcio mi rifugiai nei miei pensieri, fino a che mi accorsi che era calato il silenzio. Lo sguardo di attesa di mammina mi costrinse a far ripete la domanda cui non avevo risposto: "Tesoro, ti chiedevo se potevi portarmi un po' d'acqua, queste caramelline mi hanno messo una sete!". Mi diressi verso il lavandino grata di avere qualcosa da fare, quando un pensiero agghiacciante mi paralizzò: caramelline? Quali caramelline? Non c'erano caramelle in casa...a parte...mi voltai e osservai con orrore la donna che aveva dato alla luce l'uomo della mia vita portarsi alle labbra manciate di caramelline di zucchero, piccole e colorate: ignara di tutto si stava mangiando i miei candy slip!

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